Thursday, November 17, 2005

Les Jetteurs Antonio & Giuseppe


Le jetteur
Ritmo basso, basso ritmo marino del mattino, dab ma solo sul finire del mattino.

Ancora un'altra testa; un profumo di niente, una giornata di pretese senza passi, senza mattino, il giorno più lunedì di tutti.
E ancora un’altra testa.
e' difficile fare in modo di fare a modo, ma non ci si può chiedere il nome di tutte le mattine, soprattutto quando certi visi sono solo un’espressione di onde corte, colte solo in orecchie a maniche di camicia e brache da bambino; le vecchie onde corte raggiungibili solo se di colore rosa.
Oggi il rosa e' solo e lo si può affrontare con le mani, che a muoverle, ci si ricorda di possederle.
Affrontare il mattino, giunto ormai ai ferri corti cogli occhi.
Affrontare le mani di chi le ha dimenticate in tasca.
Affrontare le ultime mani senza speranza, corpi morti del cammino.
Infatti ecco delle mani invidiose dei piedi; possiedono nocche asciugate del vento e insidie che non arrivano più gialle o nere, né da giù né da su.
Comandano le onde, sempre più corte, come pecore ammucchiate lanose a far da padrone al pastore che oggi, almeno lui, non si e' svegliato.
Ora mi chiedo il colore, mi rispondo solerte, ma posti di blocco di gerani e piante grasse spaventano e mendico mi dimentico.
Ma mi barluma in mente.
Non ci si ricorda mai dei camminatori, delle strade che percorrono, delle soste che fanno, delle persone che superano o in cui inciampano, delle ciglia che sbattono e di quanti occhi consumano; di quanto vento respirano e vibrazioni ascoltano.
Ci si ricorda delle strade più disperate di ieri, degli ami all’orizzonte, solamente.
Così mi vengono gli occhi rossi dalla vergogna per averti guardato ancora mendico di te.
Non più lacrime e terra su cui indugiare; solo trecce da sciogliere e lenzuola e mare da indossare.

Oggi, sii fantastica, le dissi.
Oggi si fantastica, mi dissi.

Art.1
Non si deve abbandonare mai il proprio incarico.
Art.2
E’ vietato scambiare con finalita' lucrative il proprio incarico.
Si Produce, Si Consuma, Ci Si Scambia carte indigene di allucinazioni collettive.
Stanchi.
Caricho, trascino la disistima del rifiuto, inerte fiuto odori ormai uguali.
Continuamente.
La solita testa, Il solito corpo, Solo da sempre.
Ma chi ha questo sempre?
Saliva asciutta come colla, stride tra letti cancellati a mano; trasudando si subisce il peso della propria carne irriciclabile. Che' a gettare tra i fuochi le colpe, non placa il continuo orgasmo dell’orrore.
Quindici, sedici, diciotto passi indietro; poi cinque giù in fondo, scavare con unghia le rocce oscure del vulcano.
Sfinito, oso riposi tra fragili crepe in algide disdette.
Chi e' senza peccato, deglutisca la propria pietra.
Chi rimpiange quel sole dorato, abbandoni anche la luna.
Meglio ottenebrarsi da sogni fatti a occhi ora pieno di neri, rigettando boli svuotandosi dentro accumulando cicatrici intestinali da catalogare con metodi antichi.
Va tutto dentro il sacco; e pesa e pesa quel sacco, di peso immane di stelle spente.
Accetto una donna eccetto le regole, poi mischio il tuo pianto con dosi del suo sangue.
Dissenso e vendetta traspirano in gocce d’unto e d’onta.

Ora vengo gettato come porta sfortuna, messo fermo e ritenuto solo nostalgia.
E non più un’altra testa.

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